La parola manicomio deriva dal greco mania, ovvero pazzia, e komìon, cioè ospedale. Questo termine era utilizzato soprattutto per indicare, più che un luogo di cura, un ambiente in cui venivano internati e segregati i malati di mente.
Nell’antichità la malattia mentale era ricondotta all’intervento di forze soprannaturali e divine e, per questa ragione, veniva curata attraverso riti mistici-religiosi. Nel Medioevo le persone che manifestavano comportamenti bizzarri erano considerate possedute dal demonio e venivano condannate al rogo. In questo modo l’anima, una volta liberata dl possesso demoniaco, potevano risalire in cielo.
Nell’età classica, il concetto di follia subì un cambiamento: erano considerati folli coloro che rappresentavano una minaccia per la società e che perciò dovevano essere allontanati. Fu proprio in quel periodo che sorsero moltissime case di internamento, volte a rinchiudere persone con malattie mentali, poveri, mendicanti, criminali, nullafacenti.
Una delle prime case sorte allo scopo fu l’Hospital General di Parigi, fondato nel 1656.
Qui le persone non venivano rinchiuse per essere curate, ma per finire i propri giorni lontano dalla società. Una volta entrati in questi luoghi, i pazienti venivano spogliati della loro dignità e trattati senza rispetto. Vivevano in condizioni disumane ed erano costretti a subire punizioni corporali. Ben presto, i manicomi si diffusero in tutta Europa e divennero uno strumento di potere enorme, attraverso il quale si decideva, senza utilizzare alcun criterio logico, sulla vita delle persone e su chi dovesse essere rinchiuso.
Solo a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo l’affermazione di una nuova concezione della psichiatria portò all’abolizione dell’istituto manicomiale in molti paesi. In Italia l’esperienza di Franco Basaglia sfociò nell’approvazione della legge n. 180 del 1978 che stabiliva l’abolizione del manicomio. Avvenne, quindi, la creazione di nuove strutture intermede dislocate nel territorio, i centri di salute mentale, con funzione di consulenza, programmazione delle terapie, informazione e assistenza, Tale legge, inoltre, imponeva di effettuare i ricoveri volontari o obbligatori solo negli ospedali generali e affermava il principio di continuità terapeutica, con équipe incaricate di seguire il malato prima, durante e dopo eventuali ricoveri.
I reparti dei manicomi
Per quanto riguarda la struttura dell’ambiente interno dei manicomi, i nomi dei reparti prendevano origine dal comportamento manifestato dai pazienti; più vicini all’ingresso, si trovavano i reparti più tranquilli, laboriosi, e ordinati. In questi spazi si svolgeval’ergoterapia, un metodo terapeutico delle malattie mentali consistente nello svolgimento di un’attività lavorativa, i pazienti però venivano sfruttati.
Nei reparti di osservazione: il paziente che arrivava in manicomio era tenuto sotto osservazione per quindici giorni o un mese; in seguito veniva deciso se ricoverarlo definitivamente o dimetterlo. Seguiva poi il reparto agitati e irrequieti, per coloro che erano in preda ad agitazione psicomotoria.
Se un paziente all’nterno del manicomio si ammalava, veniva mandato al reparto di infermeria; chi finiva in tale reparto non veniva curato, ma si allettava e si ammalava sempre di più. In seguito, c’era solo la camera mortuaria.
Le cure nei manicomi
All’interno dei manicomi, inoltre, erano messe in atto delle pratiche raccapriccianti, come l’elettroshock, una tecnica terapeutica usata in psichiatrica e basata sull’induzione di convulsioni nel paziente mediante passaggio di corrente elettrica attraverso il cervello.
Un’altra pratica utilizzata era la lobotomia: un intervento neurochirurguciìo di interruzione delle fibre nervose che collegano un lobo cerebrale con gli altri. Moniz e Freeman, due medici esperti in lobotomia, sostenevano che questa procedura potesse eliminare i forti stress dei pazienti legati alle emozioni.
Altre tecniche utilizzate erano la sterilizzazione forzata, docce fredde, sedie di contenimento e la simulazione di annegamento, una pratica utilizzata sul paziente quando non voleva obbedire agli ordini imposti. Questa tortura consisteva nell’avvolgere un lenzuolo intorno alla testa del paziente e rovesciargli l’acqua in faccia, fino a quando non decideva di obbedire.
Condizioni dei manicomi
Ovunque i manicomi erano luoghi con scarsissime condizioni igienico-sanitarie: i pazienti erano malnutriti, vivevano in luoghi sporchi e sovraffollati, infatti i centri venivano riempiti oltre alla campienza massima. In mancanza di letti i pazienti si facevano a turno a dormire, credendo che questo metodo fosse il più simile a una cura.