I MANICOMI: STORIA ED EVOLUZIONE – Ricerca di Chiara L.

Dall’antichità fino al Medioevo, la malattia – soprattutto mentale – si riteneva fosse riconducibile all’intervento di forze soprannaturali, divine, e per questo veniva curata dagli ecclesiastici con riti religiosi.

Nell’Età Classica, invece, la „follia“ perse il suo carattere religioso e iniziò ad essere considerata un problema sociale. I malati psichiatrici, ritenuti appunto folli, erano considerati una minaccia per la società, persone da allontanare il prima possibile. Per questo venivano rinchiusi assieme ai delinquenti in apposite strutture.

Con la nascita della psichiatria, nel XVII secolo, ci furono le prime denunce del sistema correttivo: la maggior parte dei soggetti rinchiusi non necessitava di alcun trattamento. In questo periodo nacquero molte case di internamento per rinchiudere in un‘unica struttura tutte le persone rifiutate dalla società: malati psichiatrici, meno abbienti, persone senza fissa dimora, mendicanti, criminali, oppositori politici.

L‘Hôpital General di Parigi, fondato nel 1656, fu una delle prime strutture: le persone non vi entravano per essere curate, ma per essere allontanate dalla società; venivano spogliate della propria dignità, vivevano in condizioni disumane e subivano punizioni corporali. Presto queste case di internamento si diffusero in tutta Europa.

Tali strutture disponevano di cancelli, inferriate, porte e finestre sempre chiuse, catene e serrature ovunque. Le cure consistevano in internamento e isolamento, gli intenti erano di provocare shock alle persone per cercare di guarirle dai loro mali. Tra fine Ottocento e inizio Novecento – con la nascita della psicoanalisi – cambiò la concezione della mente e del suo funzionamento, ma i manicomi rimasero funzionanti.

Nel XIX secolo, in Italia crebbe il numero dei malati e iniziarono le discussioni per un legge che regolare i manicomi del Paese, ma il progetto di regolamento proposto non venne mai attuato.

Nei manicomi vivevano persone affette da disturbi mentali, ma anche soggetti considerati pericolosi per la società o imbarazzanti, come disabili, oppositori politici, senzatetto, alcolisti. Si trattava di luoghi con scarse qualità e condizioni igieniche, inadeguatezza degli strumenti di cura, sovraffollamento. Le persone vivevano in pessime condizioni di vita: spesso contenuti a letto, uso della camicia di forza, elettroshock, docce fredde, insulino-terapia, lobotomia. Questi trattamenti erano basati sulla speranza di modificare lo stato del paziente creandogli uno shock. Ciò perché il problema psichiatrico – secondo gli studiosi di quei tempi – aveva unicamente cause biologiche e non psicologiche. Inoltre, ai pazienti non era permesso avere contatti con l‘esterno e rapporti umani.

A metà Novecento, con la scoperta del primo neurolettico – la clorpromazina

– cominciò a cambiare il trattamento delle persone considerate „folli“. La società iniziò a vedere i manicomi come luoghi inadatti e in cui chi ci viveva perdeva la propria identità.

Nacque così l‘intento di trasformare i manicomi in ospedali psichiatrici in cui curare e, quando possibile, guarire i malati psichiatrici. Negli anni successivi, in diversi Comuni italiani venne abolito l‘elettroshock e, in tutto il Paese, vennero approvate modifiche normative per prevedere il ricovero volontario e istituiti centri di igiene mentale. Nacquero le cliniche private e i soggetti affetti da disturbi psichici poterono avere un‘alternativa ai manicomi.

Sempre in Italia, verso la fine del Novecento, cominciò la considerazione della tutela alla salute come diritto fondamentale della persona, esponendo la necessità di un servizio sanitario capace di affrontare le patologie psichiche. Poco dopo, arrivò la legge n.883/1978 che garantiva al cittadino l‘assenza di distinzione di ceto o etnia in caso di recupero della salute fisica e psichica. Sempre più persone si resero conto della realtà dei manicomi, così nacque la legge n.180/1978 (o legge Basaglia, prese il nome del suo promotore), che impose l‘abolizione dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici.

Tale legge si basava sui seguenti principi:

  • Divieto di costruire nuovi manicomi e graduale chiusura di quelli esistenti.
  • Trattamento sanitario per malati psichiatrici volontario, tranne in alcuni particolari casi in cui rimase obbligatorio.
  • I malati dovevano restare in ospedale solo per brevi periodi e solo in caso di situazioni di emergenza.

L‘effettiva chiusura dei manicomi avvenne solo alla fine degli anni ’80. Rimasero, però, funzionanti gli ospedali psichiatrici: luoghi specializzati nel trattamento dei disturbi mentali.

Con il passare degli anni, anche queste strutture sono state chiuse per lasciare il posto a servizi più moderni ed efficaci. Attualmente, sul territorio italiano sono presenti i seguenti servizi e strutture:

Servizio o strutturaFinalitàPersonale
AmbulatoriPrevenire e curare i disagi psichici.Psicologi, psichiatri, assistenti sociali, educatori.
Centri diurniRiabilitazione.Psicologi, assistenti sociali, educatori.
Gruppi appartamento, case famigliaAcquisizione dell’autonomia personale, superamento e controllo della patologia psichica.Prestazione esterna e di controllo: psicologi, assistenti sociali, educatori, personale addetto ai servizi.
SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura)Superamento della fase acuta.Psicologi, psichiatri, infermieri, medici.
DSM e CSMAiuto ai malati per la cura della malattia, sostegno alle famiglie con gruppi di auto-aiuto.Psicologi, psichiatri, assistenti sociali, infermieri.
Comunità socio-riabilitative, socio-assistenzialiReinserimento di soggetti con gravi disturbi psichici, dare una casa a chi non ce l’ha.Educatori, OSS.
Day hospital psichiatricoAccertamenti diagnostici, trattamenti farmacologici, riduzione/eliminazione del periodo di ricovero.Psicologi, psichiatri, infermieri.